Le banche e gli istituti di credito sembrano imbattibili. Possono davvero perdere? Oppure andare in crisi? Misure governative e leggi provano a salvare questo settore da sempre, ma forse l’era delle banche come le conosceva la nonna sta finendo. La parola chiave di questo cambiamento è: digitalizzazione. Ogni settore sta cambiando, includendo innovazione e tecnologie nei suoi prodotti, servizi ai consumatori e software.
Nemmeno l’industria delle banche è immune a questo cambiamento. Grazie a nuove startup fintech che promuovono la competizione e prodotti a portata di cittadino, dai conti corrente digitali fino alla richiesta di prestiti online. Per questo, gli istituti di credito stanno perdendo terreno.
Dove sono finite le banche?
Secondo uno studio della Federazione Autonoma Bancari Italiani (FABI), oltre 4 milioni di italiani non hanno una filiale vicino a casa, dato che oltre 3000 comuni della Penisola non hanno più una banca. Cioè il 7% dell’intera popolazione del paese. È soprattutto il Sud a dover pagare le spese di questo cambiamento, con in testa la Calabria, dove quasi il 30% della popolazione non ha accesso a una filiale.
Il ruolo della FABI
Ma non sono solo gli uffici delle banche a sparire. Stanno sparendo anche gli sportelli automatici, i comodi ATM di paese. In soli 10 anni, oltre 11000 sportelli sono stati chiusi in tutta la penisola, con un calo totale del 34%. La maggior parte delle chiusure è avvenuta negli ultimi sei anni, quando gli ATM disponibili sono diminuiti del 30%. Ancora una volta, è il Mezzogiorno che ne esce penalizzato.

Insomma, mentre da un lato le banche “tradizionali” guadagnano con l’aumento dei tassi di interesse, dall’altro chiudono filiali e ATM. Dove sono finite le banche? Online.
Sportelli automatici in Italia: alcuni numeri
Regione | Numero di sportelli per comune nel 2021 | Differenza al 2015 |
Molise | 20,6% | -39% |
Calabria | 31,4% | -24% |
Toscana | 93% | Nessuna |
Emilia Romagna | 96,1% | Nessuna |
Cause e conseguenze
Le cause principali di questo cambiamento sono due: digitalizzazione e recessione. Infatti, gli istituti di credito si stanno spostando su piattaforme virtuali, offrendo ai loro clienti servizi e prodotti finanziari digitali. È l’home (oppure Internet) banking, fatto da software efficienti e app per smartphone gratuite.
Denifiamo i termini: home banking
Ovviamente, non avere una filiale fisica taglia i costi degli istituti di credito che non si devono più preoccupare di pagare l’affitto o le bollette di luce e gas. Però, un altro modo per ridurre i costi e per far fronte all’inflazione è anche il licenziamento. Sempre secondi i dati della FABI, il gruppo bancario Intesa SP prevede 9200 licenziamenti tra il 2022 e il 2025, mentre Unicredit ne prevede 1200 tra il 2022 e il 2024. Invece, BancoBpm ha annunciato 1600 uscite a fronte di 800 ingressi (entro il 2022).
Quindi, più recessione ha portato a mano bancari e a più prodotti finanziari online. Se il digitale guadagna terreno, i dipendenti perdono lo stipendio. Ma questa non è l’unica conseguenza della migrazione online. Infatti, non è un segreto che l’Italia sia un paese poco giovane. Secondo l’Istat, la popolazione over 65 è il 24% della popolazione e, nel 2022, già 20mila italiani hanno varcato la soglia dei 100 anni, un vero record.
Cos’hanno in comune tutte queste categorie? Non sono nativi digitali e, con la fibra ottica che manca in molti comuni, l’accesso ai servizi online per loro non è facile. A rimanere indietro non sono solo le banche che non innovano ma ci sono anche i cittadini che non hanno nessuna voce in capitolo.